A Parteneide

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[p. [719](/wiki/Pagina:Opere_varie_(Manzoni).djvu/725)]
A PARTENEIDE[1](#cite_note-1)

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E tu credesti che la vista sola
Di tua casta bellezza innamorarmi
Potente non saria, che anco del suono
Di tua dolce parola il cor mi tenti,
Vergine Dea? Col tuo secondo Duca 5
Te vidi io prima, e de le sacre danze
O dimentica o schiva; e pur sì franco,
Sì numeroso il portamento e tanto
Di rosea luce ti fioriva il volto,
Che Diva io ti conobbi, e t’adorai.10
Ed ei sì lieto ti ridea, sì lieta
D’amor primiero ti porgea la destra,
Di sì fidata compagnia, che primo
Giurato avrei che per trovarti ei l’erta
Superasse de l’Alpe, ei le tempeste15
Affrontasse del Tuna, e tremebondo
Da la mobil Vertigo, e da l’ardente
Confusion battuto, in sul petroso
Orlo giacesse[2](#cite_note-2). Entro il mio cor fean lite
Quegli avversari che van sempre insieme,20

[p. [720](/wiki/Pagina:Opere_varie_(Manzoni).djvu/726)]

Riverenza ed Amor: ma pur sì pio
Aprivi il riso, e non so che di noto
Mi splendea de’ tuoi guardi, che Amor vinse,
E m’appressai securo. E quel cortese,
Di cui cara l’immago ed onorata25
Sarammi infin che la purpurea vita
M’irrigherà le vene, a me rivolto,
Con gentil piglio la tua man levando,
Fea d’offrirmela cenno[3](#cite_note-3). Ond’io più baldo
La man ti stesi; ma tremò la mano30
E il cor: chè tutto in su la fronte allora
Vidi il dio sfolgorarti, e tosto in mente
Chi sei mi corse, ed in che pura ed alta
Aria nutrita, ed a che scorte avvezza.

Mesto allor la tua vista abbandonai;35
Ma l’inquïeto immaginar, che sempre
Benchè d’alto caduto in alto aspira,
Sovra l’aspro sentiero a vol si mosse
Del tuo vïaggio, e a te fidato, al sommo
Stette de l’Alpe, e si librò securo40
Sovra i vestigi e i desidèri umani.
Poi riverito il tuo celeste nido,
Di pensiero in pensier, di monte in monte,
Seguitando il desìo, vêr la mia sacra
Terra drizzai le penne, ed i cognati45
Rèti giganti valicando, alfine
Vidi l’Orobia valle. Ivi un portento
Al mio guardar s’offerse: una indistinta
Aeria forma or si movea qual pura
Nuvoletta d’argento, ed or di neve50
Fiocco parea che un bel cespuglio vesta.
Ma pur l’immagin bella e fuggitiva

[p. [721](/wiki/Pagina:Opere_varie_(Manzoni).djvu/727)]

Tanto con l’occhio seguitai, che vera
Alfin m’apparve, a te simìle alquanto,
Vergin nè tocca nè veduta ancora,55
E d’immortal concepimento anch’ella.
Non tenea scettro, non cingea corona
Se non di fiori; e sol di questi vaga,
Fra i color mille, onde splendea distinta
La verdissima piaggia, or la vïola,60
Or la rosa sceglieva, or l’amaranto,
Tal che Matelda rimembrar mi féo,
Qual la vide il [divin nostro Poeta](/wiki/Autore:Dante_Alighieri)
Ne l’alta selva da lui sol calcata.
Ed ecco alfin, del mio venire accorta,65
Volger le luci al pellegrin parea
Piene di maraviglia, e la rosata
Faccia levando, mi parea guardarlo,
E sorridere a lui come si suole
Ad aspettato. E quando io de la diva70
Bellezza innebrïato e del gentile
Atto, con l’ali de la mente a lei
Appressarmi tentai, se udir potessi
Come in cielo si parla, affaticate
Caddero l’ali de la mente, e al guardo75
Tacque la bella visïon. Ma sempre
Da quel momento la memoria al core
Di lei ragiona[4](#cite_note-4). E quando in sul mattino
Leve lo spirto dal sopor si scioglie
(Allor per l’aria de’ pensier celesti80
Libero ei vola, e da le basse voglie
De la vita mortal quasi il divide
Un deserto d’obblio), sempre in quell’ora,
Più che mai bella, quella eterea Virgo
Mi vien dinnanzi. Or d’oro e d’onor vani85

[p. [722](/wiki/Pagina:Opere_varie_(Manzoni).djvu/728)]

Nessun mi parli; un solo amor mi regge,
Sola una cura: degli Orobi dorsi
Rivisitar l’asprezza, e questa Diva,
Deh! mel consenta! accompagnar primiero
Per le italiche ville pellegrina.[5](#cite_note-5)90
Che se l’evento il mio sperar pareggia,
Se nè la vita nè l’ardir mi falla,
Forse, più ardito condottier già fatto,
Ti piglierò per mano; e come valgo,
Maraviglia gentile alla mia sacra95
Italia io mostrerotti, a quella augusta
D’uomini Madre e d’intelletti, augusta
Di memorie nutrice e di speranze.[6](#cite_note-6)

Note

- [↑](#cite_ref-1) Sull’autografo è scritto di mano del Manzoni: non corretto.
- [↑](#cite_ref-2) Il Fauriel il secondo duca, così chiamato perchè tradusse Parteneide in francese, non era ancora stato nelle Alpi, e solo disegnava recarvisi. Ma il Manzoni dice scherzando graziosamente che al modo con cui traduce le descrizioni alpine del Baggesen si sarebbe creduto ch’egli avesse per il primo visitato le Alpi.
- [↑](#cite_ref-3) Era desiderio del Fauriel che il Manzoni traducesse la Parteneide in italiano
- [↑](#cite_ref-4) Quanta poesia è in questa descrizione, se c’immaginiamo che quella che appare un istante al poeta, e pur tacendo, lo guarda, e sorride e coglie fiori come la Matelda di Dante, possa essere Enrichetta Blondel!
- [↑](#cite_ref-5) Qui il poeta mi sembra voler dire chiaramente che in quell’ora egli ha il capo ad altro che a tradur la Parteneide. Egli pensa alla sua vergine Orobia; quando questa sia sua, se egli vivrà, se il coraggio gli basterà, provvederà pure a farsi guida ossia traduttore in italia della Parteneide.
- [↑](#cite_ref-6) Sotto questi versi il Manzoni scrisse di proprio pugno in italiano: «Quando ai due illustri amici (cioè il Baggesen ed il Fauriel) non paiano affatto cattivi, mi studierò di farli ancor men cattivi, avendo già notate varie cose da levarsi, e pensatene alcune che si potrebbero più opportunamente aggiungere.»

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