La preghiera di Giuditta

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LA PREGHIERA DI GIUDITTA.

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Giuditta, Capo 9.

Dio d’Israel, che il fulmine
Al mio grand’avo in mano
Un dì ponesti a sperdere
4Il popolo profano,
Che dell’incauta Dina
Con subita rapina
Osava il sen virgineo
8Protervo violar;

Tu che gli aver dei perfidi,
Le figlie e le consorti
Desti terribil vindice
12In guiderdone a’ forti,
A’ forti che l’acciaro
Nel nome tuo snudaro;
Signor, di afflitta vedova
16Or odi il supplicar.

[p. [215](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/229)]

Degli empi lo sterminio
Hai pieno allor: rinnova
Con la superba Ninive
20Oggi, Signor, la prova!
Sentiero non si serra
A’ tuoi voleri: in terra
Tu compi irresistibile
24Quel che maturi in ciel.

Sovra le tende assirie
Piega, Signor, lo sguardo;
Come sul campo egizio
28Fosti a mirar non tardo,
Quando anelanti e fieri
Di carri e di corsieri
Premean gli accorsi eserciti
32Le spalle d’Israel.

Tu li guatasti: orribile
Un buio si diffuse;
Nell’ime sue voragini
36Il mar li accolse e chiuse.
Peran così, gran Dio,
Le genti che in oblio
Han posto che de’ secoli
40Ti nomini il Signor.

[p. [216](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/230)]

Folli! Nell’ampio novero
Han fede de’ gagliardi:
D’elmi, di usberghi esultano,
44Di cocchi e lance e dardi:
Nè san che se ti sdegni,
Crolli cittadi e regni;
Ch’ogni montagna è polvere
48Innanzi al tuo furor.

Come nei dì che furono,
Leva il tuo braccio, e l’empio
Atterra, che di Solima
52Arder si vanta il tempio;
Il tabernacol santo
Bruttar di sangue e pianto;
Col ferreo pome infrangere
56Il corno dell’altar.

Oh fa’, gran Dio, che il reprobo
Dalla sua stessa spada
Tronco abbia il collo, e vittima
60Degli occhi propri ei cada!
Dalle mie labbra il mèle
Distilli all’infedele;
Di un laccio indissolubile
64Lo avvolga il mio parlar.

[p. [217](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/231)]

Arma di ardir lo spirito,
Perchè del reo non tremi:
Dammi virtù che al tumido
68L’oltracotanza io scemi.
Gloria ti fia, se inetta
Oscura femminetta
Quell’orgogliosa furia
72Al suolo stenderà.

Non è, non è nell’impeto
De’ cocchi e de’ guerrieri
La possa tua; nè piacciono
76A te, Signor, gli alteri:
Ma dell’umìle a’ preghi
L’orecchio tuo non neghi;
Del mansüeto a’ gemiti
80Schiudi la tua bontà.

O Re del ciel, che temperi
L’aurora colla sera,
Che i nembi aduni e dissipi,
84Odi la mia preghiera!
A te meschina io grido;
Debole in te confido;
Del vecchio patto immemore,
88Signor, non sii con me.

[p. [218](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/232)]

M’ispira il labbro: all’anima
90Senno e possanza infondi;
Che ’l limitar non calchino
Di tua magion gl’immondi.
Sorgano ancor gli altari,
E pia la terra impari
95Che onnipossente ed unico
Tu d’Israel sei Re.

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