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LA DIVINA PROVVIDENZA.
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Matteo. Capo VI.
Contadinello, che ne’ giorni brevi
Lavor non trovi ed ansio del domani
Miri dall’uscio le cadenti nevi,
Che tutti intorno han già nascosti i piani,
Se sgomento ti assale, odi parola
6Del Signor che t’è presso e ti consola.
Figlio, soverchia cura
Non prendere dell’ora
Che l’avvenir matura
10Fosco a’ tuoi sguardi ancora.
Se sulla nuda mensa
Ti vien mancando il pane,
Non ti atterrir; ma pensa
14Che un Padre ti rimane.
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Se mentre gela il vento
E stridon le tempeste,
Il tuo carbone è spento,
18Sdruscita la tua veste,
Non dire: «il poverello
Chi coprirà di un saio?
Al gramo villanello
22Chi colmerà lo staio?»
Di Dio non sei tu l’opra?
E non aver paventi
Un cencio che ti copra,
26Un pan che ti alimenti?
Mira gli augelli! A loro
Il genitor celeste
Altro non diè tesoro
30Che il canto e le foreste.
Non serbano di biade
Colmi granai; ma quando
Lo inverno l’aria invade,
34Il giorno ottenebrando,
Con flebil pigolìo,
Sparsi di neve il dorso,
Levano gli occhi a Dio
38In cerca di soccorso.
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Ed Ei n’ascolta il grido;
E l’ali all’aquilone
Temprando, presso al nido
42Il granellin depone.
E tu da men ti credi
De’ passeri? Le cose
A’ tuoi regali piedi
46Tutte il Signor non pose?
Nè del vestir ti accori
Troppo il pensier: Colui,
Che dà la veste a’ fiori,
50Coprirà i membri tui.
Guarda del campo al giglio:
Non fila, non intesse;
Pur fu monarca, o figlio,
54Che simil veste avesse?
Splendeva, come stella,
Di ammanti e di corone;
Pur clamide sì bella
58Non cinse Salomone.
Che se bontà divina
Veste così vil erba
Che, volta una mattina,
62Al forno si riserba;
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Se amor che mai non dorme,
Alla stagion nemica
Le miserelle torme
66De’ passeri nutrica;
O povero di fede,
Sarà che ti abbandoni
Chi lo spirar ti diede
70A ornarti de’ suoi doni?
De’ fiori tu men vali
E degli augelli? O temi
Che, aprendosi a’ mortali,
74L’arca al Signor si scemi?