Aprile 1814

×

Error message

  • Notice: Undefined index: und in eval() (line 2 of /home/poemlake/public_html/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_argument_default_php.inc(66) : eval()'d code).
  • Notice: Trying to access array offset on value of type null in eval() (line 2 of /home/poemlake/public_html/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_argument_default_php.inc(66) : eval()'d code).
  • Notice: Trying to access array offset on value of type null in eval() (line 2 of /home/poemlake/public_html/sites/all/modules/views/plugins/views_plugin_argument_default_php.inc(66) : eval()'d code).

[p. [403](/wiki/Pagina:Tragedie,_inni_sacri_e_odi.djvu/433)]

APRILE 1814

---------------------------------------------------------------

canzone.

22 aprile 1814.

Fin che il ver fu delitto, e la Menzogna
Corse gridando, minacciosa il ciglio:
«Io son sola che parlo, io sono il vero»,
Tacque il mio verso, e non mi fu vergogna.
5Non fu vergogna, anzi gentil consiglio;
Chè non è sola lode esser sincero,
Nè rischio è bello senza nobil fine.[1](#cite_note-1)
Or che il superbo morso
Ad onesta parola è tolto alfine,
10Ogni compresso affetto al labbro è corso;
Or s’udrà ciò che, sotto il giogo antico,
Sommesso appena esser potea discorso
Al cauto orecchio di provato amico.

Toglier lo scudo de le Leggi antique
15E le da lor create, e il sacro patto
Mutar come si muta un vestimento;
O non mutate non serbarle, e inique
Farle serbar benchè segrete, e in atto
Di chi pensa, tacendo, al tradimento;
20E novi statuir padri alla legge,
E, perchè amici ai buoni,
Sperderli a guisa di spregiato gregge:
Questi de’ salvatori erano i doni;
Questo dicean fondarne a civil vita;

[p. [404](/wiki/Pagina:Tragedie,_inni_sacri_e_odi.djvu/434)]

25Qual se Italia, al chiamar d’esti Anfioni,
Fosse dei boschi e de le tane uscita.

Anzi, fatta da lor donna e reina
La salutaro, o fosse frode o scherno:
D’armi reina, io dico, e di consigli;
30Essa che ai piè de la imperante inchina
Stavasi, e fea di sue ricchezze eterno
Censo agli estrani, e de gli estrani ai figli;
Che regger si dovea con l’altrui cenno;
Che ogni anno il suo tesoro
35Su l’avara ponea lance di Brenno.
È ver; tributo nol dicean costoro,
Men turpe nome il vincitor foggiava.
Ma che monta, per Dio! Terra che l’oro
Porta, costretta, allo straniero, è schiava.

40E svelti i figli ai genitor dal fianco,
E aprir loro le porte, ed esser padre
Delitto, e quasi anco i sospir nocenti;
E tratti in ceppi, e noverati a branco,
Spinti ad offesa d’innocenti squadre
45Con cui meglio starieno abbracciamenti.
Oh giorni! oh campi che nomar non oso!
Deh! per chi mai scorrea
Quel sangue onde il terren vostro è fumoso?
O madri orbate, o spose, a chi crescea
50Nel sen custode ogni viril portato?
Era tristezza esser feconde, e rea
Novella il dirvi: un pargoletto è nato!

Nè gente or voglio cagionar dei mali
Che lo stesso bevea calice d’ira,
55Nè infonder tosco ne le piaghe aperte;
Ma dico sol ch’è da pensar da quali
Strette il perdono del Signor ne tira,
Perchè sien maggior grazie a Lui riferte.
Chè quando eran più l’onte aspre ed estreme,
60E, al veder nostro, estinto

[p. [405](/wiki/Pagina:Tragedie,_inni_sacri_e_odi.djvu/435)]

Ogni raggio parea d’umana speme;
Allor fuor de la nube arduo ed accinto,
Tuonando, il braccio salvator s’è mostro;
Dico che Iddio coi ben pugnanti ha vinto;
65Che a ragion si rallegra il popol nostro.

Bel mirar da le inospiti latebre
Giovin raminghi al sospirato tetto
Correr securi, ed a le braccia pie;
E quei che in ferri astrinse ed in tenebre
70L’odio potente, un motto od un sospetto
Al soavi tornar colloquj e al die;
E un favellar di gioja e di speranza,
E su le fronti scolta
De’ concordi pensier l’alma fidanza;
75E il nobil fior de’ generosi a scolta
Durar ne l’armi e vigilar, mostrando
Con che acceso voler la patria ascolta
Quando libero e vero è il suo dimando;

E quel che a dir le sue ragioni or chiama
80Lunge da basso studio e da contesa,
Parlar per lei com’ella è desiosa,
E l’antica far chiara itala brama;
Che sarà, spero, a quei possenti intesa
Cui par che piaccia ogni più nobil cosa.
85Vedi il drappello che al governo è sopra,
Animoso e guardingo,
Al ben di tutti aver rivolta ogni opra;
E i ministri di Dio dal mite aringo
Nel dritto calle ragunar la greggia.
90Molte e gran cose in picciol fascio io stringo;[2](#cite_note-2)
Ma qual parlar sì belle opre pareggia?

Note

- [↑](#cite_ref-1) Cfr. Il Conte di Carmagnola, atto I, sc. 5ª: «Ma tra la noncuranza e la servile Cautela avvi una via; v’ha una prudenza Anche pei cor più nobili e più schivi....».
- [↑](#cite_ref-2) Questo è un verso tolto al Petrarca, Trionfo della Fama, II. 13. «Molte gran cose in picciol fascio stringo».

Altri progetti

- [Wikipedia](//it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Alessandro_Manzoni#Aprile_1814_.281814.29)

[Collabora a Wikipedia](//it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale) Wikipedia ha una voce di approfondimento su [Aprile 1814](//it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Alessandro_Manzoni#Aprile_1814_.281814.29).

Collection: