Scienza e lavoro

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(OPERAI DEL BRACCIO E DELLA MENTE)

CORO

I

(TUTTI)

Con fronti sicure, con l'amine altere,
Dai solchi sudati, dall'aspre miniere,
Dagl'istmi recisi da' nostri fendenti,
Dagli ardui trafori che uniscon le genti,
Dal mar che varcammo fra nembi e procelle,
Da specule eccelse che colgon le stelle,
Dall'aule raccolte de' gravi Atenei
Che covan l'auspicio di giorni men rei,
Noi qui convenuti, novelli Titani,
Chiamiamci fratelli, stringiamo le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra
Portiamo, Titani, portiamo la guerra.

II

(OPERAI DEL BRACCIO)

Ci escluser dal santo comune retaggio,
Ci han colmi e pasciuti di fiele e d'oltraggio -
Col marchio sul fronte, con rasa la chioma
Noi fummo gli schiavi d'Atene e di Roma:
I Paria del Gange, i Lasci dei Goti,
Noi fummo di Sparta gli squallidi Iloti -
E ier sulle nostrc consunte persone
Fischiato ha la verga del crudo barone,
Ma l'ora è suonata - sorgiamo Titani,
Chiamiamci fratelli, stringiamo le mani.
E al dio della Forza che opprime la terra,
Portiamo, Titani, portiamo la guerra.

III

Miracol perenne d'industria e d'amore,
Son l'opera nostra, son nostro sudore
Di circhi e palagi le splendide mura.
Di fertili campi la messe matura -
Eppur non vedete? - Le madri e le spose
Ci guardan tremanti, ci guardan pensose.
Che san che domani su lurido strame
Languir ci vedranno di spasmo e di fame.
Dal lurido strame sorgiamo Titani,
Chiamiamci fratelli, stringiamo le mani.
E al dio della Forza che opprime la terra
Portiamo, Titani, portiamo la guerra.

IV

I pii Sacerdoti ci han detto: pazienza!
I Saggi: speranza! le donne: prudenza!
E intanto alla soglia del nostro abituro
S'accoscia il bisogno che, rigido e scuro,
A vender ci sforza su crudo mercato
Persin delle figlie l'onor vigilato.
Ha pure un giaciglio la belva feroce,
Ma nostro giaciglio non fu che la croce...
Dal crudo giaciglio sorgiamo Titani,
Chiamiamci fratelli, stringiamo le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra
Portiamo, Titani, portiamo la guerra.

V

(OPERAI DELLA MENTE)

Portiamla...

(GLI ARTIERI)

Chi siete?

(OPERAI DELLA MENTE)

Siam [Plato](/wiki/Autore:Platone) ed [Omero](/wiki/Autore:Omero):
Siam [Dante](/wiki/Autore:Dante_Alighieri) ed Arnaldo noi siamo il Pensiero -
La luce noi siamo che suscita e bèa,
Voi siete il lavoro che s'agita e crea.
Portiamla - ma l'ascia, la marra, il piccone,
I codici nostri, la nostra canzone,
Ben queste sien l'armi del nostro riscatto,
Sien queste le cifre dell' ultimo patto.
Scienza e lavoro ci leghi o Titani,
Scienza e lavoro ci stringan le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra,
Noi queti e senz'armi portiamo la guerra.

VI

La vecchia Babelle scoscende e rovina:
E' reggia del fabbro la santa officina.
Porgete l'orecchio. Di là d'occidente
Udite uno scroscio che par di torrente?
Son torme ululanti che fuggono il sole,
Degli ultimi Acabbi son l'ultima prole.
Non sangue o fratelli - son l'opra e l'ingegno
Il cardin del casto novissimo regno -
Scienza e lavoro ci leghi o Titani,
Scienza e lavoro ci stringan le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra
Col dio dell'Amore portiamo la guerra.

VII

In mezzo del core, se il cor vi consiglia,
Scrivete scrivete: Dio, Patria, Famiglia.
E tempio la patria - la casa un altare -
Palladio il geloso domestico lare -
Baciatele in fronte le madri e le spose
Che guardan tremanti che guardan pensose,
Che dicon sommesse: più dolce, più schietto
E il pane sudato, condito d'affetto.
Or dunque sorgiamo, sorgiamo Titani:
Scienza e lavoro ci stringan le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra
Col dio dell 'Amore portiamo la guerra.

VIII

(TUTTI)

Con fronti sicure, con l'anime altere,
Dai solchi sudati, dall'aspre miniere,
Dagl'istmi recisi da nostri fendenti,
Dagli ardui trafori che uniscon le genti,
Dal mar che varcammo fra nembi e procelle,
Da specule eccelse che colgon le stelle,
Dall'aule raccolte de' gravi Atenei
Che covan l'auspicio di giorni men rei,
Noi qui convenuti, novelli Titani,
Chiamiamci fratelli, stringiamo le mani,
E al dio della Forza che opprime la terra
Col dio dell'Amore portiamo la guerra.

Palermo 1863

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