Natura e scienza

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[Nuvola apps bookcase.svg](/wiki/File:Nuvola_apps_bookcase.svg) Questo testo fa parte della raccolta [Versi di Giacomo Zanella](/wiki/Versi_di_Giacomo_Zanella)

[p. [168](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/182)]

NATURA E SCIENZA.

Come ritrosa vergine t’involi,
Discortese natura, al guardo umano,
Che pel lento mutar di mille soli
4Di cielo in terra t’ha cercata invano.

Con giocondo terror vide talvolta
Balenar dall’abisso il tuo sembiante;
Ma tosto di più nere ombre ravvolta
8Scese la notte sul deluso amante.

Ne’ meandri di tacite spelonche
Chiusa intanto, al gocciar cheto dell’acque,
Di opaline piramidi e di conche
12Gracili vezzi fabbricar ti piacque.

Nitido specchio e virginal collana
Di agate ti polivi e di cristalli,
Che poi vaga e fantastica sultana
16Franti gettavi alle sopposte valli.

[p. [169](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/183)]

Troppo scherzasti, improvvida gelosa!
Lo sprezzato cristal l’uomo raccolse,
L’occhio armandone; e te non sospettosa
20Dietro la tenda ad osservar si volse.

Or ti appiatta, se sai! Splendido, immoto,
Pari a luna, che subita si scopra
Tra nube e nube al vigile piloto.
24Quel grande, infaticato occhio t’è sopra.

O che ti posi d’assetata foglia
Entro le celle e con materne dita
Alle provvide stille apra la soglia,
28Che l’alba manda a rinverdir la vita;

O che nel chiuso calice de’ fiori
Segua il cader della feconda polve;
O che nutra, o che plasmi, o che colori,
32Fiso quell’occhio dietro te si volve.

Innanzi ad esso, come tronco pino,
Giganteggia il capello; e come mare
Limpidissimo al fondo e cristallino,
36Co’ mille abitator la goccia appare.

Quante in que’ flutti immagini di morte!
Quante fughe e vittorie! In fiera danza
Dell’universo affacciasi alle porte
40Rude la vita e dolorando avanza.

[p. [170](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/184)]

Tutto muore e rinasce. Invan, natura,
Ne’ mutabili aspetti a noi ti celi;
Ti tradisce la larva, e non ti fura
44Al nostro sguardo immensità di cieli.

Sali tra mondi e mondi, e non t’avvedi,
Che di una lente armato agli Orïoni
Questo atomo pon freno ed in sue sedi
48Traduce, ospiti immani, Iadi e Trioni.

Dal novissimo ciel la nebulosa
Scopre di soli tremola famiglia,
Quale fiammante del color di rosa,
52Qual tinto nel pallor della giunchiglia.

Mille sfere nel rapido vïaggio
Lasciossi addietro, e son mille anni e mille,
Che piove pel silente etere il raggio
56Pur or giunto dell’uomo alle pupille.

Di lassù che ne porti, o messaggero,
Per tanta via? Se di metalli infusi
In bollente oceàn parli al pensiero,
60E dell’astro natio la tempra accusi;

Se per l’alto universo intatta via
Al vol dischiudi dell’umano ingegno,
Fuggon forse le tenebre di pria,
64E palese di Dio splende il disegno?

[p. [171](/wiki/Pagina:Versi_di_Giacomo_Zanella.djvu/185)]

Tante luci che fan? Che fanno i mondi
Che, come faro d’ignorati porti,
Ora scemano fiochi e moribondi,
68Or con vividi incendi ardon risorti?

Donde e quando si mosse? A quali prode
Veleggia l’universo? Alme viventi
Albergano lassù? Liete di lode
72All’eterno Valor sciolgon concenti?

Muore la lampa, e scuro un vel si abbassa
Sullo sguardo dell’uom, che sbigottito
Scorge per entro l’ombra Iddio che passa
76Novi soli a librar nell’Infinito.

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