[p. [18](/wiki/Pagina:Storia_della_letteratura_italiana_I.djvu/28)]
Tapina me che amava uno sparviero,
Amaval tanto ch’io me ne moria;
A lo richiamo ben m’era maniero,
Ed unque troppo pascer nol dovria.
Or è montato e salito sì altero;
Assai più altero che far non solia;
Ed è assiso dentro a un verziero,
E un’altra donna l’averà in balìa.
Isparvier mio, ch’io t’avea nodrito;
Sonaglio d’oro ti facea portare,
Perchè nell’uccellar fossi più ardito.
Or sei salito siccome lo mare,
Ed hai rotto li geti[1](#cite_note-1) e sei fuggito,
Quando eri fermo nel tuo uccellaro.
Note
- [↑](#cite_ref-1) Geto è un lacciuolo di pelle che si lega a’ piè degli uccelli.
Collection: