D'onde mai tratta? da quale
fianco di monte, o spelonca,
o masso erratico, o conca
4o lapide sepolcrale?
Non fosti scheggia che balza
da fragoroso sfacelo?
o non frammento che il gelo,
8nei lunghi secoli, scalza?
Per gli uomini or non sei più
che un tavolo da giardino,
con quattro panche vicino:
12avanzo d'un tempo che fu.
Ne l'immutabile e tetra
ombra del piccolo chiosco,
da quanto tempo io conosco
16il tavolo rozzo di pietra!
Da quando (è gran tempo, lo vedi),
da quando, ma sempre invano,
tentavo toccarlo con mano,
20levandomi in punta di piedi.
E giunse il dì che, più alto,
fin su la pietra guardai;
ma, non me ne rallegrai,
24mi parve d'aver fatto un salto.
Ben doloroso; l'addio
a qualche piccola cosa,
a qualche visione rosa:
28il male, ma senza l'oblio.
Oh! come innumeri e varie
e antiche le macchie, sovr'essa
la pietra: e, nei secoli, impressa
32l'orma de le parietarie.
Pure d'attorno era liscia,
come consunta: la traccia
di tante e poi tante braccia,
36che lasciano come una striscia
Dove si poggiano: l'orme
di chi sa quanti pensieri,
trascorsi, o gravi, o leggeri,
40per qualche cervello che dorme.
Ma questa tavola ferma,
con quattro panche d'attorno,
richiama la vita d'un giorno,
44come una lapide o un'erma!
Oh! prima ch'io cauto e zitto,
con mille più mille stenti,
con mani, con piedi, con denti
48mi arrampicassi su, dritto,
quante, nel piccolo chiosco,
sotto le foglie di vite
vergine, quante altre vite
52trascorsero, che io non conosco.
Non forse qui il mormorio
surse de le confidenze?
Non languidi, lungo le assenze,
56sospiri, o singhiozzi d'addio?
Non sotto le stelle pensose
qualche promessa d'amore,
sicuro, eterno, che muore
60con l'appassir de le rose?
Amore, dolore, mistero:
alterna vece infinita
che dura quanto la vita,
64quanto l'umano pensiero.
Che, infaticabile, attorno
al cuore andando, ne rode
di giorno in giorno le prode,
68esili di giorno in giorno.
Fino a che il cuor si dissolve.
Come la pietra, che oppressero
misteri, rimpianti, promesse,
72andrà, fra un secolo, in polvere.