Capitolo contro il portar la toga (Favero)

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[p. [213](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/217)]

CAPITOLO

CONTRO IL PORTAR LA TOGA

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Mi fan patir costoro il grande stento,
Che vanno il sommo bene investigando,
E per ancor non v’hanno dato drento.
E mi vo col cervello immaginando,
5Che questa cosa solamente avviene
Perchè non è dove lo van cercando.
Questi dottor non l’han mai intesa bene,
Mai son entrati per la buona via,
Che gli possa condurre al sommo bene.
10Perchè, secondo l’opinion mia,
A chi vuol una cosa ritrovare,
Bisogna adoperar la fantasia,

[p. [214](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/218)]

E giocar d'invenzione, e 'ndovinare;
E se tu non puoi ire a dirittura,
15Mill'altre vie ti posson aiutare.
Questo par che c'insegni la natura,
Che quand'un non può ir per l'ordinario,
Va dret'a una strada più sicura.
Lo stil dell'invenzione è molto vario;
20Ma per trovar il bene io ho provato
Che bisogna proceder pel contrario:
Cerca del male, e l'hai bell'e trovato;
Però che 'l sommo bene e 'l sommo male
S'appaion com'i polli di mercato.
25Quest'è una ricetta generale:
Chi vuol saper che cosa è l'astinenza;
Trovi prima che cosa è 'l carnovale,
E ponga tra di lor la differenza;
E volendo conoscer i peccati,
30Guardi se 'l prete gli dà penitenza;
E se tu vuo' conoscer gli sciaurati,
Omacci tristi e senza discrizione,
Basta che tu conosca i preti e' frati,
Che son tutti bontà e divozione:
35E questa via ci fa toccar il fondo,
E sciogl'il nodo alla nostra questione.
Io piglio un male a null'altro secondo,
Un mal che sia cagion de gli altri mali,
Il maggior mal che si trovi nel mondo;
40Il quale ognun che vede senz'occhiali,
Che sia l'andar vestito, tien per certo;
Questo lo sanno in sino gli animali,
Che vivono spogliati e allo scoperto;
E sia pur l'aria calda o 'l tempo crudo,
45Non istan mai vestiti o al coperto.

[p. [215](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/219)]

Volgo poi l'argomento, e ti conchiudo,
E ti fo confessare a tuo dispetto,
Che 'l sommo ben sarebbe andare ignudo.
E perchè vegghi che quel ch'io ho detto
50È chiaro e certo e sta com'io lo dico,
Al senso e alla ragion te ne rimetto.
Volgiti a quel felice tempo antico,
Privo d'ogni malizia e d'ogni inganno,
Ch'ebbe sì la natura e 'l cielo amico;
55E troverai che tutto quanto l'anno
Andava nud'ognun, picciol e grande,
Come dicon i libri che lo sanno.
Non ch'altro, e' non portavon le mutande,
Ma quant'era in altrui di buono o bello
60Stava scoperto da tutte le bande.
E così ognun, secondo il suo cervello,
Coloriva e 'ncarnava il suo disegno,
Secondo che gettava il suo pennello;
Nè bisognava affaticar l'ingegno
65A strolagar per via d'architettura,
O 'ndovinar da qualche contrassegno:
Non occorreva andar per cognettura,
Perchè la roba stava in su la mostra,
E si vendeva a peso e a misura.
70E quest'è la ragion che ci dimostra
Ch'allor non eron gl'inconvenienti,
Che si veggon seguire all'età nostra.
Quella sposa si duol co' suo' parenti,
Perchè lo sposo è troppo mal fornito,
75E non ci vuole star sotto altrimenti;
Ma dice che ci piglierà partito,

[p. [216](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/220)]

E che gli han dato colui a malizia,
Tal che gli è forza cambiarle marito.
Altri, che di ben sodi ha gran dovizia,
80Talor dà in una ch'ha sì poca entrata,
Che non v'è da ripor la masserizia.
Così resta la sposa sconsolata:
Gli è ver che questo non avvien sì spesso;
Pur di queste qualcuna s'è trovata:
85Dov'allor si vedeva a un di presso,
Innanzi che venissino alle prese,
La proporzion tra l'uno e l'altro sesso.
Non si temeva allor del mal franzese:
Però che, stand'ignudo alla campagna,
90S'un avea qualche male, era palese;
E s'una donna avea qualche magagna,
La teneva coperta solamente
Con tre o quattro foglie di castagna.
Così non era gabbata la gente,
95Come si vede che l'è gabbat'ora,
Se già l'uomo non è più ch'intendente:
Chè tal par buona, veduta di fuora,
Che se tu la ricerchi sotto panno,
La trovi come 'l vaso di Pandora.
100E così d'ogni frode e d'ogn'inganno
Si vede chiaro che n'è sol cagione
L'andar vestito tutto quanto l'anno.
Un'altra, e non minor, maladizione
Nasce tra noi di questa ria semenza,
105Che tien il mondo in gran confusione:
Quest'è la maggioranza e preminenza
Che vien da' panni bianchi, oscuri o persi,
Che pongon tra' Cristian la differenza.
Questa pospone a i monaci i conversi,

[p. [217](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/221)]

110Antepon l’oste a i suoi lavoratori,
E da i padron fa i sudditi diversi:
Dov’in que’ tempi non eran signori,
Conti, marchesi o altri bacalari,
Nè anche poveracci o servidori.
115Tutti quanti eron uomini ordinari,
Ognun si stava ragionevolmente,
Eron tutti persone nostre pari,
E ciascun del compagno era parente;
Se non era parente, gli era amico;
120Se non amico, al manco conoscente.
Credi pur ch’ella sta com’io ti dico,
Che ’l vestir panni e simil fantasie
Son tutte quante invenzion del Nimico;
Come fu quella dell’artiglierie,
125E delle streghe e dello spiritare,
E degli altri incantesimi e malie.
Un’altra cosa mi fa strabiliare,
E sto per dirti quasi ch’io c’impazzo,
Nè so trovar com’ella possa stare:
130Ed è, che se qualcun per suo sollazzo,
Sendo ’ngegnoso e alto di cervello,
Talor va ignudo, e’ dicon che gli è pazzo:
I ragazzi gli gridan: Véllo, véllo;
Chi gli fa pulce secche e chi lo morde,
135Traggongli sassi e fannogli il bordello;
Altri lo vuol legar con delle corde,
Come se l’uomo fusse una vitella:
Guarda se le persone son balorde!
E se tu credi che questa sia bella,
140E’ bisogna che ’n cielo, al parer mio,
Regni qualche pianeto o qualche stella.

[p. [218](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/222)]

Però se vuol così Domenedio,
Che finalmente può far ciò che vuole,
Io son contento andar vestito anch'io,
145E non ci starò a far altre parole:
Andrommen'anch'io dietro a questa voga;
Ma Dio sa lui, se me n'incresce e duole!
Ma ch'io sia per voler portar la toga,
Come s'io fussi qualche Fariseo,
150O qualche scriba o archisinagoga,
Non lo pensar; ch'io non son mica Ebreo,
Se bene e' pare al nome e al casato
Ch'io sia disceso da qualche Giudeo.
I' sto a veder se 'l mondo è spiritato,
155Se egli è uscito del cervello affatto,
E s'egli è desto, o pure addormentato;
E s'egli è vero ch'un che non sia matto
Non arrossisca che gli sia veduto
Un abito sì sconcio e contraffatto.
160In quant'a me mi son ben risoluto,
Ch'io non ne voglio intender più sonata:
Mi contento del mal ch'io n'ho già auto;
E perchè non paresse alla brigata,
Ch'io mi movessi senz'occasione,
165Come fan quegli ch'han poca levata,
Io son contento dir la mia ragione,
E che tu stesso la sentenza dia:
So che tu hai giudizio e discrizione.
La prima penitenza che ci sia
170(Guarda se per la prima ti par nulla),
È ch'io non posso fare i fatti mia,
Come sarebbe andar alla fanciulla;
Ma mi tocca a restar fuor della porta,
Mentre ch'un altro in casa si trastulla.

[p. [219](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/223)]

175Dicon ch'è grave errore, e troppo importa,
Ch'un dottor vadia a casa le puttane:
La togal gravità non lo comporta.
E 'l veder queste cose così strane
Mi fa poi far qualch'altro peccataccio,
180E bene spesso adoperar le mane:
Onde costor, che si pigliano impaccio
Della mia salvazione e del mio bene,
Bravano e gridan ch'io non ne fo straccio.
A un che vada in toga non conviene
185Il portar un vestito che sia frusto,
A voler che la cosa vadia bene;
Perchè, mostrando tutto quanto il fusto
E la persona giù lunga e distesa,
Egli è forza ch'ei faccia il bellombusto:
190E così viene a raddoppiar la spesa;
E questa a chi non ha molti quattrini
È una dura e faticosa impresa.
Non ci vuol tanti rasi ed ermisini,
Quando tu puoi portare il ferraiuolo:
195Basta aver buone scarpe e buon calzini;
Il resto, quando sia di romagnuolo,
Non vuol dir nulla, se ben par che questa
Sia una sottigliezza da Spagnuolo:
E non importa che tu ti rivesta,
200Mutand'abiti e foggie a tutte l'ore,
Se è dì di lavoro o dì di festa.

[p. [220](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/224)]

Se per disgrazia un povero dottore
Va per la strada in toga scompagnato,
Par quasi ch'e' ci metta dell'onore;
205E se non è da venti accompagnato,
Mi par sempre sentir dir le brigate:
“Colui è un ignorante e smemorato”:
Tal che sarebbe meglio a farsi frate;
Ch'al manco vanno a coppie, e non a serque,
210Come van gli spinaci e le granate.
Però chi dice lor: Beati terque,
Non dice ancor quanto si converrebbe,
E sarie poco a dir terque quaterque;
Dove ch'a un dottor bisognerebbe
215Dargli la mala Pasqua col mal anno,
A voler far quel ch'ei meriterebbe.
Non so com'ei non crepi dell'affanno,
Quand'egli ha intorn'a sè diciott'o venti,
Che, per udirlo, a bocca aperta stanno.
220A me non par egli essere altrimenti,
Che sia tra i pettirossi la civetta,
O la Misericordia tra' Nocenti;
E n'ho aut'a' miei dì più d'una stretta:
E però, toga, va' pur in buon'ora,
225Vatten'in pace, che sie benedetta.
Ma quand'anche un dottore andasse fuora,
E ch'andar solo pur gli bisognassi,
Come si vede che gli avvien talora,
Tu non lo vedi andar se non pe' chiassi,
230Per la vergogna, o ver lungo le mura,
E 'n simil altri luoghi da papassi:
E par ch'e' fugga la mala ventura;

[p. [221](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/225)]

Volgesi or da man manca or da man destra,
Com'un che del bargello abbia paura:
235Par una gatta in una via maestra,
Che sbalordita fugga le persone,
Quand'è cascata giù dalla finestra,
Che se ne corre via carpon carpone,
Tanto ch'ella s'imbuchi in qualche volta,
240Perchè gli spiace la conversazione.

* * * *

Se tu vai fuor per far qualche faccenda,
Se tu l'hai a far innanzi desinare,
Tu non la fai che gli è or di merenda,
Perchè la toga non ti lascia andare,
245Ti s'attraversa, t'impaccia e t'intrica,
Ch'è uno stento a poter camminare.
E però non par ch'ella si disdica
A quei che fanno le lor cose adagio
E non han troppo a grado la fatica,
250Anzi han per boto lo star sempre in agio,
Come dir frati o qualche prete grasso,
Nimici capital d'ogni disagio,
Che non vanno mai fuor se non a spasso,
Come diremmo noi, a cercar funghi,
255E se la piglian così passo passo.
A questi stanno bene i panni lunghi,
E non a un mie par, che bene spesso
Ho a correr perch'un birro non mi giunghi;
E ho sempre paur di qualche messo,
260O che 'l Provveditor non mi condanni,

[p. [222](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/226)]

Ch'a dire il ve ro è un vituperio espresso.
Però, prima ch'usar più questi panni,
Vo' rinunziar la cattedra a Ser Piero,
E se non la vuol lui, a Ser Giovanni.
265Io vo' che noi facciamo a dir il vero:
Che crediam noi però però ch'importi
Aver la toga di velluto nero,
E un che dreto il ferraiuol ti porti,
E che la notte poi ti vadia avanti
270Con una torcia, come si fa a' morti ?
Sappi che questi tratti tutti quanti
Furon trovati da qualcuno astuto,
Per dar canzone e pasto agl'ignoranti,
Che tengon più valente e più saputo
275Questo di quel, secondo ch'egli arà
Una toga di rascia o di velluto.
Dio sa poi lui come la cosa sta!
Ma s'io avessi a dire il mio parere,
Questo discorso un tratto non mi va.
280Ch'importa aver le vesti rotte o intere,
Che gli uomini sien Turchi o Bergamaschi,
Che se gli dia del Tu o del Messere?
La non istà ne' rasi o ne' dommaschi;
Anzi vo' dirti una mia fantasia,
285Che gli uomini son fatti com'i fiaschi.
Quando tu vai la state all'osteria,
Alle Bertuccie, al Porco, a Sant'Andrea,
Al Chiassolino o alla Malvagia,
Guarda que' fiaschi, innanzi che tu bea
290Quel che v'è drento; io dico quel vin rosso,
Che fa vergogna al greco e alla verdea:
Tu gli vedrai che non han tanto in dosso,
Che 'l ferravecchio ne dessi un quattrino;

[p. [223](/wiki/Pagina:Le_opere_di_Galileo_Galilei_IX.djvu/227)]

Mostran la carne nuda in sino all'osso:
295E poi son pien di sì eccellente vino,
Che miracol non è se le brigate
Gli dan del glorioso e del divino.
Gli altri, ch'han quelle veste delicate,
Se tu gli tasti, o son pieni di vento,
300O di belletti o d'acque profumate,
O son fiascacci da pisciarvi drento.

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